L’intelligenza artificiale è ormai ovunque: la usi quando scrivi un’email, quando cerchi un prodotto su Google o quando scegli il prossimo film da vedere. E nel digital marketing? È una rivoluzione silenziosa, che può cambiarti la vita… o complicartela.
Ti sei mai chiesto se l’AI sia davvero un alleato, un complice o piuttosto un nemico da cui guardarsi le spalle? Facciamo alcune considerazioni.
L’AI come amico: l’aiuto che aspettavi
Partiamo dal lato luminoso della forza. L’AI può essere uno dei tuoi migliori alleati se lavori nel marketing digitale.
Hai mai usato ChatGPT per trovare un’idea creativa? Oppure un tool come Jasper per scrivere un copy? O magari ti sei affidato a Performance Max di Google per automatizzare una campagna pubblicitaria? Tutti esempi reali in cui l’AI ti fa risparmiare tempo, testa migliaia di varianti, ottimizza in modo continuo.
E se lavori sulla SEO, sai bene quanto strumenti come Semrush, Ahrefs o SurferSEO sfruttino algoritmi avanzati per aiutarti a trovare keyword, analizzare competitor o creare contenuti più performanti.
Inutile quindi dire che ti può aiutare, non è poco, soprattutto quando lavori con scadenze strette e KPI che non aspettano.
L’AI come complice? Sì, ma occhio a non affidarti troppo
Fin qui tutto bello. Ma l’AI non è solo un assistente che lavora per te. A volte diventa un complice, quasi invisibile, che ti accompagna nelle scelte senza farsi notare troppo.
Esempio? Gli A/B test automatizzati: sono una manna, ma rischi di non capire più perché funziona meglio la variante B rispetto alla A. Ti fidi della macchina e vai avanti, ma perdi insight preziosi.
Oppure nei contenuti: l’AI può generarti un piano editoriale, scrivere articoli, creare immagini. Ma se lo fa troppo spesso, rischi di perdere la tua voce. E sai bene che in un mercato saturo, l’identità è tutto.
Ricordati che sei ancora tu a dover guidare. Altrimenti finisci per delegare troppo e diventare un operatore passivo, invece che un professionista strategico.
Quando ti ruba il mestiere?
Arriviamo alla parte più scomoda: l’AI come minaccia. Perché sì, esistono rischi concreti.
Il primo è quello occupazionale. Se sei un junior copywriter, un analista dati o un media buyer, potresti aver già visto clienti o aziende chiedere: “Ma non possiamo farlo con un tool AI?”. E non sempre hai il tempo o lo spazio per spiegare il valore aggiunto che solo l’esperienza umana può offrire.
Il secondo rischio è la standardizzazione. Quando tutti usano gli stessi strumenti, i contenuti iniziano ad assomigliarsi troppo. Headline simili, call to action identiche, immagini generate da prompt sempre più generici. Il marketing perde creatività, empatia, originalità.
L’AI è veloce, sì, ma non infallibile. Se affidi una campagna a un algoritmo e non la controlli, rischi di spendere budget a vuoto o, peggio, danneggiare la reputazione del brand con messaggi sbagliati.
l fattore umano è essenziale
C’è però una buona notizia: il pensiero strategico, la visione d’insieme e la capacità di comprendere le persone non si possono automatizzare.
L’AI è uno strumento. Un amplificatore. Ma il cervello sei tu.
Tu conosci il tuo pubblico, i tuoi valori, i micro-dettagli che fanno la differenza tra una campagna mediocre e una che genera connessioni vere.
Il vero marketing non è solo ottimizzare CPC o sfornare contenuti. È emozione, intuito, empatia. E finché esisteranno i brand con una storia da raccontare, ci sarà bisogno di chi sa raccontarla davvero.
Prendiamo la SEO, ad esempio. L’AI può aiutarti a trovare le keyword giuste, analizzare i competitor, suggerire titoli e meta description ottimizzati. Ma può davvero capire perché una persona cerca una determinata parola? Se ti affidi al 100% alla macchina rischi di fare grossi errori e se poi cerchi di contattare un consulente seo esperto per rimediare, potresti aver già seriamente compromesso la strategia seo per degli errori che non avevi tenuto conto.
Chi fa SEO da tempo lo sa: posizionarsi non significa solo “mettere le keyword giuste nei punti giusti”, ma intercettare un’intenzione, un bisogno umano, a volte anche emotivo.
E’ il bisogno umano e la percezione della realtà che la macchina non è in grado di capire quanto un vero essere umano.
Per concludere, può essere il tuo alleato strategico o il tuo nemico silenzioso se ti affidi a lei senza criterio.